Scarlino

Scarlino

Il territorio comunale si estende dalle pendici nord-occidentali di Poggio Ballone fino alla fascia costiera alta e frastagliata del promontorio delle Bandite di Scarlino, area protetta all’interno della quale spiccano le suggestive Cala Violina e Cala Martina. A nord del promontorio, si trova il Porto del Puntone, nel cuore dell’omonima frazione balneare.

Pare che il territorio di Scarlino fosse già abitato in epoca preistorica: ciò è testimoniato da ritrovamenti nei pressi della Rocca Pisana databili all‘età del Bronzo. Altri ritrovamenti di età ellenistica (IV-II secolo a.C.) sono a riprova che esistevano già degli insediamenti anteriori allo sviluppo del borgo altomedievale, mentre il rinvenimento lungo la costa (Puntone, Portiglioni) di edifici e di un porto di epoca romana conferma la presenza di vivaci attività di commercio già prima del Medioevo.

•Rocca Pisana, (la rocca aldobrandesca, nota anche come Castello di Scarlino) sorta nel corso del X secolo e citata per la prima volta in un documento del 1108, fu ceduto nel XIV secolo ai Pisani, i quali lo ristrutturarono completamente. Quando la rocca passò nel XV secolo agli Appiani, questi realizzarono ulteriori ampliamenti. Tra il 1979 e il 1983, oltre ai lavori di restauro, sono state intraprese delle campagne di scavo che hanno permesso di riportare alla luce numerose strutture murarie, tra cui anche quelle identificabili con l’antica pieve di Santa Maria*; oltre a ciò è stato possibile accertarsi della presenza di murature ellenistiche dei secoli IV-II a.C. e di insediamenti risalenti all’età del Bronzo, che testimoniano una frequentazione di questo luogo già dall’epoca preistorica.

Si trova in posizione dominante rispetto all’abitato, all’area meridionale delle Colline Metallifere grossetane e alla parte settentrionale della Maremma grossetana; si presenta sotto forma di imponenti ruderi, rivestiti in pietra, recuperati grazie ai lavori di restauro effettuati negli ultimi due decenni del Novecento.

Il complesso attuale, risalente alla ristrutturazione tardo medievale, è costituito da tre torri angolari differenti tra loro, unite tra loro da una serie di cortine murarie di altezza diversa. La torre nord-orientale si presenta a sezione circolare, con una porta ad arco tondo; attorno ad essa si sviluppano i resti di cortine murarie che dovevano racchiudere, in passato, un bastione o un fortilizio. La torre sud-orientale presenta una sezione quadrata, mentre quella sud-occidentale è rettangolare e di altezza minore rispetto alle altre.

•Area archeologica della Rocca Pisana: all’esterno della rocca verso il centro abitato, sono ancora parzialmente visibili gli scavi condotti tra il 1979 ed il 1983 dal dipartimento di archeologia medievale dell’Università di Siena, con lacerti murari degli edifici distrutti alla fine del XIII per realizzare il rivellino, la zona antistante la rocca allora in corso di costruzione. Visibili nel percorso verso il centro abitato il perimetro dell’antica chiesa con i preesistenti resti alto-medievali ed i successivi riadattamenti di epoca romanica e rinascimentale.

•Parco archeologico di Poggio Tondo: nei pressi di Pian d’Alma, alcuni scavi condotti a partire dagli anni ottanta del XX secolo hanno permesso il ritrovamento di una necropoli con quattro tombe a tumulo (denominate tomba del Tamburo, tomba del Carro, tomba del Cippo e tomba delle Due Porte), databile dalla metà del VII alla metà del VI secolo a.C., oltre che un edificio isolato da identificarsi come fattoria, in uso fino alla fine del VI secolo a.C.

*La pieve di Santa Maria era un edificio religioso di origini altomedievali, la chiesa fu costruita in prossimità dell’originario insediamento fortificato. Il luogo di culto, la cui esistenza certa risale almeno al IX secolo, fu ristrutturato in stile romanico durante i secoli successivi, risultando essere una pieve autonoma nelle Rationes Decimarum del tardo Duecento. Successivamente, l’edificio religioso conobbe un periodo di degrado che ne determinò la sua ricostruzione in epoca quattrocentesca. Dopo un nuovo temporaneo periodo di splendore in epoca rinascimentale, la chiesa venne definitivamente abbandonata, risultando già perduta durante il Settecento.

Della pieve di Santa Maria sono visibili i resti nell’area antistante la Rocca aldobrandesca che, all’interno delle mura, volge verso il centro storico medievale di Scarlino. Riportata alla luce recentemente da una serie di scavi, la chiesa si presentava a pianta rettangolare con navata unica ed abside semicircolare; internamente era decorata da una serie di affreschi risalenti all’epoca altomedievale.

Musei di Scarlino

•Il Centro di documentazione del territorio Riccardo Francovich, inaugurato nel 1994 per documentare l’esperienza delle campagne di scavi effettuate presso la Rocca Pisana dal 1979 al 1983, sotto la direzione del professor Riccardo Francovich, che hanno permesso di riportare alla luce numerose strutture murarie riferibili ad un periodo storico molto vasto che va dall’età del Bronzo al XVII secolo: sono stati rinvenuti resti del XII-X secolo a.C., murature ellenistiche dei secoli IV-II a.C., un insediamento altomedievale (VII-X secolo), costituito da capanne in legno e da una piccola chiesa – l’antica pieve di Santa Maria* – e modificazioni successive (XV secolo). Nel 2007, con la morte improvvisa di Riccardo Francovich, il museo viene a lui intitolato.

Il museo dispone di tre piccole sale espositive che documentano i vari periodi nell’area della Rocca Pisana tramite reperti rinvenuti durante le campagne di scavi. Le prime due sale contengono, oltre a pannelli esplicativi che illustrano la storia di Scarlino e della rocca, cinque vetrine espositive.

La prima vetrina espone alcuni reperti dei periodi più antichi, la seconda vetrina espone invece oggetti ornamentali di età moderna.
Altre tre vetrine espongono una vasta raccolta di ceramiche risalenti ad un lungo periodo tra il IX e il XVIII secolo. La prima raccoglie ceramiche più antiche tra i secoli IX e XIII; fino a ceramiche dei secoli XIV e XV. La seconda espone ceramiche dei secoli XV e XVI. La terza espone ceramiche dei secoli dal XVI al XVIII.

La terza sala, la più piccola, contiene invece il cosiddetto tesoro di Scarlino, costituito da cento monete d’oro databili intorno al XIV secolo e rinvenuto in una nicchia della vecchia pieve di Santa Maria all’interno di un vasetto. Le monete provengono da sette diverse zecche. Nella stessa stanza, alcuni pannelli documentano le ricerche effettuate a partire dal 2005 in località Vetricella, dove è stata provata la presenza del castello doganale della Castellina, attestato nei secoli IX-XII.

Centro di documentazione del territorio per gli Etruschi è un museo archeologico, inaugurato il 22 maggio 2009 per documentare la presenza degli Etruschi nel territorio comunale di Scarlino, in seguito agli scavi che hanno permesso di portare alla luce l’area archeologica di Poggio Tondo, nella zona di Pian d’Alma.

Il centro di documentazione è stato allestito all’interno di una vecchia cantina di un palazzo di origini medievali, appartenuto fino al secolo scorso alla famiglia Guelfi.
Il piccolo museo si articola in due sale dotate di pannelli esplicativi:

La prima sala documenta la frequentazione etrusca dell’intero territorio comunale di Scarlino: area sepolcrale di Poggio Tondo, fattoria di Poggio Tondo, Valle dell’Alma, Puntone, rocca di Scarlino. Al centro della sala è esposto il pezzo principale del museo: un pezzo di montatura per cavalli in bronzo rinvenuto nell’area dei ruderi della canonica di San Michele, nella piana alle pendici del borgo di Scarlino.

La seconda sala espone, all’interno di quattro teche corredate da pannelli illustrativi, i reperti rinvenuti nelle quattro tombe dell’area della necropoli di Poggio Tondo, databile tra la metà del VII secolo e la metà del VI secolo a.C., antico centro alle dipendenze della città etrusca di Vetulonia.

La tomba del Tamburo, così denominata per la presenza di una struttura in pietre che circoscrive la base del tumulo, ha riportato alla luce vari oggetti riferibili alla toeletta e all’abbigliamento, alcuni aryballoi decorati, armi in metallo (asce), e altri reperti riferibili alle frequentazioni di età ellenistica e medievale. La tomba del Cippo deve il suo nome al cippo funerario a calotta con apice che coronava in origine il tumulo: i reperti sono riconducibili a due differenti sepolture e sono stati riportati alla luce numerosi oggetti riferibili al simposio, come vasi di vario genere in bucchero, e altri all’ornamento personale (contenitori per cosmetici, pissidi, unguentari). Anche la tomba delle Due Porte, così chiamata per i due lastroni che delimitavano lo spazio della sepoltura femminile, ha conservato alcuni oggetti da simposio (vasi in bucchero), per la toeletta e l’ornamento personale, ma anche resti di armi. Infine, sono esposti i reperti rinvenuti nella tomba del Carro, la più atipica tra le sepolture, che trova al centro un grande spazio di sette metri per due dove era stato posto anche un carro come simbolo di prestigio per il defunto, probabilmente un guerriero con un ricco corredo: sono stati rinvenuti numerosi oggetti riferibili al simposio, ma anche soprattutto armi e altri segni del rango aristocratico; una tarda frequentazione medievale ha permesso il ritrovamento anche di un’olla di impasto grezzo.

•Il Museo archeologico di Portus Scabris (MAPS) è un museo situato nella frazione del Puntone.

Durante i lavori per la costruzione del porto turistico al Puntone di Scarlino, tra il 1999 e il 2003, sono state riportate subito alle luce numerose testimonianze archeologiche sottomarine. Grazie a una serie di operazioni subacquee si è potuto ritrovare, catalogare e studiare vari reperti riconducibili a diverse epoche storiche, documentando così la storia di un antico approdo, quello della baia di Portiglioni nel golfo di Follonica, identificabile con il toponimo di Portus Scabris.

Il museo è stato allestito tra il 2009 e il 2010 allo scopo di ricostruire, attraverso i reperti archeologici, la storia di questo antico scalo frequentato sin dalla fine del III secolo a.C..
Il museo è allestito all’interno dello storico casello idraulico del Puntone, risalente al 1905 e nel tipico stile eclettico di primo Novecento, con decorazioni liberty.

Il MAPS si articola in sei sale – cinque espositive più una saletta video – disposte sui due piani dello storico casello idraulico.

Le prime tre sale situate al piano terra del casello idraulico illustrano tramite pannelli esplicativi la storia dell’antico porto scomparso del Puntone, oltre che del sistema portuario dell’antichità.
La terza sala, intitolata “il porto attraverso i secoli: i reperti raccontano“, intende mostrare al visitatore alcuni dei reperti legati al porto esposti in ventinove teche disposte in ordine cronologico, dal III secolo a.C. fino al XX secolo. I reperti possono così raccontare la storia del porto nelle sue fasi storiche e testimoniare una certa vitalità del porto (ceramiche e oggetti in vetro dall’Africa settentrionale e dal Mediterraneo orientale).


Al piano superiore sono situate altre due sale espositive con in più una saletta video, che proietta un documentario sugli scavi subacquei condotti tra il 2000 e il 2001 durante la costruzione del moderno porto turistico.

La quarta sala è dedicata alla navigazione antica, illustrando tramite pannelli le tipologie di navi che raggiungevano il porto romano, i sistemi di stivaggio e la vita di bordo sulle navi mercantili. Interessante l’esposizione in questa sala di un gruppo omogeneo di contenitori da trasporto recuperato sul fondale del porto: una collezione di anfore vinarie di tipologia greco-italica. Tra gli altri oggetti esposti vi sono alcuni strumenti di bordo come lo scandaglio, alcuni chiodi, punteruoli, aghi da rete, ma anche varie tegole per la copertura delle cabine di poppa, ed interessanti pentole, tegami e olle ancora annerite dal fuoco utilizzate dai marinai per preparare i pasti.

Nella quinta e ultima sala espositiva è stata allestita un’installazione che riproduce la formazione del sito archeologico sul fondale marino del porto, con la fase più antica a profondità maggiore, ricoperta nei secoli dalla sabbia e da altri materiali. La sala in questione ricostruisce la stratificazione archeologica delle due fasi antiche meglio documentate, quelle delle media e tarda età repubblicana.

La fase 2 si riferisce alla prima frequentazione del porto, tra la fine del III e gli inizi del II secolo a.C., che ha permesso il ritrovamento, negli strati più profondi, di anfore vinarie greco-italiche e di vasellame in ceramica a vernice nera di produzione campana ed etrusco-laziale, abbastanza omogenei, probabilmente parte di uno stesso carico danneggiato gettato in mare durante una sosta.
La fase 1 si riferisce invece al periodo in cui la frequentazione del porto si è intensificata con rotte commerciali verso tutto il Mediterraneo e verso l’isola d’Elba, grazie all’accrescimento dell’importanza di Portus Scabris come centro siderurgico (II-I secolo a.C.): qui la stratificazione è più caotica, ma ha portato al ritrovamento di numerosi reperti, come anfore, vasellame da mensa in vernice nera campana ed etrusco-laziale, bicchieri a pareti sottili, strumenti, attrezzi di bordo, resti di animali, e soprattutto materiale ferroso di provenienza elbana.
Durante gli scavi sono state inoltre rinvenute numerose olle, tutte esposte in vetrine; tuttavia, tra i reperti di maggiore interesse, spicca un’olpe (brocca) del II secolo a.C. conservatasi ancora intera a distanza di oltre duemila anni.

 

 

Scarlino presenta anche due aree naturali protette:

•Riserva naturale Scarlino, area naturale protetta istituita nel 1977, occupa una superficie di circa 50 ettari sul crinale del Poggio Spedaletto, da cui si domina il golfo di Follonica.
Nella riserva prevale la presenza della macchia mediterranea e una pineta di pino domestico, piantata artificialmente.

•Padule e Costiere di Scarlino, area naturale protetta istituita nel 1976 e sito di interesse comunitario della provincia di Grosseto, occupa una vasta area di 752 ettari e comprende al suo interno parte delle cosiddette Bandite di Scarlino, grande area boschiva costiera che sfocia anche nei comuni di Gavorrano e Castiglione della Pescaia, e le calette che si affacciano sul mar Tirreno: la baia di Portiglioni, Cala di Terra Rossa, Cala Le Donne, Cala Martina, Cala Violina e Cala Civette.

Tipologia ambientale prevalente nel SIR è data da una delle residue zone umide costiere della Toscana meridionale, che riveste una notevole importanza per la sosta, svernamento e nidificazione dell’avifauna in particolare per la conservazione di alcune specie nidificanti ormai rare e minacciate come il tarabuso, il falco di palude e il forapaglie castagnolo. Da segnalare la presenza della martora.

L’area palustre costiera è in gran parte dulciacquicola (con prevalenza di canneti), con una significativa porzione salmastra, dove prevalgono giuncheti e salicornieti. Nell’area è presente una popolazione nidificante di forapaglie castagnolo, di rilevante interesse, in quanto unica popolazione della Toscana meridionale. L’area è importante per la sosta e lo svernamento di avifauna acquatica. Sono presenti anche diversi mammiferi: cinghiale, volpe, donnola, faina, istrice, tasso e riccio. Tra gli insetti è presente la Callimorpha quadripuncatata.

Tra le specie vegetali presenti nel SIR: Artemisia coerulescens var. palmata, specie molto rara in Toscana, segnalata nei prati salsi del Parco regionale della Maremma e del Palude di Scarlino. Inoltre sono presenti anche il ginepro coccolone, la salicornia, il leccio e il pino domestico, per via della vicina pineta.