Gavorrano

Gavorrano

Si trova sul versante settentrionale del Monte d’Alma a est di Scarlino, nel territorio delle Colline Metallifere grossetane e noto per i grandi giacimenti di pirite sfruttati intensamente fino ai primi anni ottanta del XX secolo.

Il territorio di Gavorrano risulta essere frequentato già nel periodo etrusco, come testimoniano i resti di varie necropoli rinvenuti in aree pianeggianti ai piedi di Monte Calvo e risalenti al VII secolo a.C. (Poggio Pelliccia, San Germano, Santa Teresa), probabilmente aree sepolcrali di insediamenti oggi scomparsi e dipendenti dalla città-stato di Vetulonia.

Gavorrano è citato per la prima volta in un documento del 1164, quando Federico I concesse al conte Alberto degli Alberti di Mangona di impossessarsi nuovamente del feudo. Il figlio di Alberto IV, Rainaldo Alberti di Mangona, governò Gavorrano fino alla morte, quando poi subentrarono i conti Pannocchieschi d’Elci, a metà del XIII secolo, che sottomisero il borgo prima al Comune di Volterra, e successivamente a quello di Massa Marittima (1320). Durante le lotte tra Massa e Siena, il borgo di Gavorrano finì per essere conquistato dalla città del Palio, anche se per un certo periodo, a partire dal 1379, rimase sotto il controllo della famiglia dei Malavolti. Nel 1465 Gavorrano fu ceduto definitivamente alla Repubblica di Siena e seguì inesorabilmente le sorti dello stato senese, prima di essere annesso al Granducato di Toscana alla metà del XVI secolo.

Dopo secoli di spopolamento e anonimato, Gavorrano impose la sua storia a livelli nazionali dopo l’Unità d’Italia, quando nel 1898 fu scoperto da Francesco Alberti un importante giacimento di pirite nei pressi del paese. Gavorrano divenne centro minerario di assoluta importanza, possedendo una delle miniere di pirite più importanti d’Europa, e conobbe un forte incremento demografico negli anni dell’attività estrattiva, oltre che uno sviluppo urbano non indifferente con la nascita di nuovi moderni paesi (Bagno, Filare, Grilli, Potassa). Nel 1960 il territorio di Scarlino e della costa (Puntone, Portiglioni) si staccò da Gavorrano per formare un comune autonomo. Con la chiusura delle miniere nel 1981, fu registrato un significativo calo della popolazione; tuttavia, grazie alla valorizzazione dei vecchi luoghi d’estrazione e la presenza nel territorio comunale di borghi storici di interesse artistico (Caldana, Giuncarico, Ravi), Gavorrano si è riscoperto in tempi recenti importante località turistica della Maremma grossetana.

Cose da vedere a Gavorrano:
•Mura di Gavorrano: costruite durante il XII secolo, nel corso del XIV secolo furono ristrutturate dai senesi con l’edificazione di alcune torri di guardia. Si distinguono ancora oggi nel tessuto urbano del centro storico due differenti circuiti murari concentrici. La porta d’accesso al borgo è la cosiddetta Porta di Sotto, in conci squadrati di arenaria, che si apre verso sud.
•Mura di Caldana: costruite in epoca alto-medievale a difesa dello storico borgo, si presentano con forma quadrangolare, con la presenza, ungo la cinta muraria, di quattro imponenti bastioni angolari. Le mura oggi sono state inglobate in buona parte dalle costruzioni intorno alla chiesa di San Biagio.
•Mura di Giuncarico: costruite nel corso dell’XI secolo, rimasero intatte senza modificazioni per secoli, fino a che in epoca moderna alcune ristrutturazioni hanno inglobato la struttura muraria a pareti esterne di altri edifici. Oggi l’unico accesso al borgo è costituito dalla Porta del Castello, che si apre ad arco a tutto tondo alla base del campanile dell’attigua chiesa di Sant’Egidio.

•Chiesa di San Giuliano, chiesa parrocchiale di Gavorrano situata in piazza Buozzi, originariamente era intitolata a San Gusmè, come si legge in un documento del 1321, mentre già nel 1529 è già indicata come San Giuliano. Completamente ristrutturata e modificata negli anni a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, si presenta oggi a tre navate con abside semicircolare; la facciata a capanna con rosone centrale e archetti pensili decorativi risale al 1927. All’interno sono custodite opere di pregio tra cui una Madonna col Bambino in marmo di Giovanni d’Agostino (1336).

•Castel di Pietra, ruderi di un imponente castello alto-medievale situato su una rupe che domina la valle del Bruna, a 172 metri d’altitudine, è stato proprietà dei conti Pannocchieschi, prima di passare ai Malavolti (1328). Il castello è legato alla leggenda del “Salto della Contessa”, ovvero l’omicidio tra queste mura del personaggio dantesco Pia de’ Tolomei da parte del marito Nello di Inghiramo Pannocchieschi, desideroso di rimanere vedovo per poter così sposare Margherita Aldobrandeschi. Tuttavia, mentre il matrimonio tra Nello e Margherita è accertato storicamente, così come è sicuro che Nello visse anche in questo castello, resta tuttavia nell’alone di leggenda la vicenda della Pia de’ Tolomei.

•Necropoli di Santa Teresa Nuova, località situata in un’area pianeggiante tra Potassa e Castel di Pietra, dove è stata scoperta, tra il 2005 e il 2007, una necropoli con cinque tombe a tumulo risalente ai secoli VII-VI a.C.

Tumulo di Poggio Pelliccia, situato nella campagna nei pressi di Castellaccia, si tratta di una tomba monumentale etrusca, probabilmente di una famiglia aristocratica della vicina Vetulonia, databile intorno alla metà del VII secolo a.C.
I corredi qui rinvenuti, con bronzi, oreficerie, uova di struzzo istoriate, ceramiche corinzie, greco-orientali ed attiche, sono custoditi presso il Museo civico archeologico Isidoro Falchi.

Necropoli di San Germano, situata lungo il corso del torrente Sovata a nord di Giuncarico, risale al VI secolo a.C. ed era probabilmente alla dipendenze di un villaggio vicino, oggi scomparso, centro satellite della città etrusca di Vetulonia. La tipologia delle tombe della necropoli è quella a tumulo.

•Bagno di Gavorrano, antico centro termale a valle di Gavorrano, divenuto oggi il vero centro del comune, essendo il più popolato e il più fornito di numerosi impianti e servizi. Gli unici elementi di natura storica sono delle costruzioni risalenti al ventennio fascista, fra cui i cosiddetti “palazzoni”, su cui in parte sono ancora visibili delle crepe dove un tempo erano affissi motti inneggianti al regime, e un palazzo vicino che un tempo era sede del partito nazionalfascista.

Parco minerario naturalistico di Gavorrano

È un parco naturalistico e di archeologia industriale.
L’attività mineraria a Gavorrano ebbe inizio nel 1898, quando il gavorranese Francesco Alberti scoprì il primo giacimento di pirite in località Fonte Vecchia, a pochi metri dal paese.

Si stima che la quantità di pirite estratta nella totalità sia di circa 27.000.000 tonnellate. Dal sottosuolo la pirite di Gavorrano andava ad alimentare per il 30% lo stabilimento del Casone di Scarlino, attivo dal 1962, per la produzione di acido solforico, oleum e pellet di ossido di ferro, e per il resto le altre fabbriche della Montecatini.

Il Parco delle Rocce, con il recupero delle gallerie e la costruzione dell’ingresso al museo composto da biglietteria, sale deposito e dal grande cono della sala del plastico, è stato realizzato in una cava di calcare del Monte Calvo il cosiddetto Teatro delle Rocce. È stato recuperato in parte anche l‘insediamento minerario di Ravi Marchi. Con decreto del Ministero dell’Ambiente del 28 febbraio 2002, il progetto è stato incorporato nel parco nazionale delle Colline Metallifere. L’inaugurazione ufficiale dell’intero parco minerario naturalistico si è tenuta il 19 luglio 2003.

Il museo-parco è inserito nella rete museale provinciale Musei di Maremma.

Il primo percorso minerario-naturalistico del Parco delle Rocce è costituito dal cosiddetto Museo in galleria, un moderno museo multimediale sotterraneo che descrive le fasi del lavoro in miniera e la vita dei minatori a partire dagli anni cinquanta del XX secolo. L’intera galleria è arredata con foto d’epoca, raccolta di macchine, utensili, oggetti del vestiario e della vita di tutti i giorni del minatore, nonché allestimenti che ricostruiscono aspetti peculiari delle tecniche di escavazione del minerale: la “gabbia”, ovvero l’ascensore manovrato da un argano per la discesa e risalita del personale attraverso il pozzo; la “volata” (l’abbattimento della roccia attraverso l’uso dell’esplosivo); le armature per la sicurezza delle gallerie; le lavorazioni di “smarino” con le pale ad aria compressa.

 

Ravi (frazione di Gavorrano)

Il borgo di Ravi è situato sul crinale orientale del Monte Calvo, che separa la valle dell’Ombrone inferiore e del Bruna da quelle minori del Pecora e del Cornia, nella Maremma grossetana.

La località sorse durante l’alto Medioevo, quasi certamente durante l’VIII secolo, come possedimento dei vescovi di Roselle, il primo nome era Ravi di Maremma.

Intorno all’anno Mille fu ceduta ai monaci dell’abbazia di Sestinga. Soltanto nel corso del XIII secolo divenne un dominio temporaneo della famiglia Aldobrandeschi; nella seconda metà di questo secolo, infatti, il centro passò nelle mani dei Pannocchieschi.

Nel XV secolo la località di Ravi entrò a far parte della Repubblica di Siena, sotto la cui giurisdizione rimase fino a metà XVI secolo, quando l’intero territorio fu unito al Granducato di Toscana.
Il Castello di Ravi, ricordato già in un documento del 784, si presenta oggi come inglobato in strutture murarie di edifici posticci, e ne è individuabile il perimetro di forma circolare. Tra i vari edifici addossati alla struttura ne è riconoscibile uno in pietra con base a scarpa che sporge da sud-est, forse l’antico cassero.

Caldana (frazione di Gavorrano)

Il borgo di Caldana si trova sul dorso pianeggiante di una collina sud-orientale del Monte Calvo, in un’area ricca di rocce calcaree storicamente impiegate nella produzione del marmo.
Il paese sorse prima dell’XI secolo come possedimento dei vescovi di Roselle, che successivamente lo cedettero ai monaci dell’abbazia di Sestinga. Originariamente la località era denominata Caldana di Ravi, vista la sua secondaria importanza rispetto al vicino

La Chiesa di San Biagio, è la chiesa parrocchiale della frazione, è stata costruita nel XVI secolo su probabile impianto duecentesco, con facciata attribuita alla scuola dell’architetto rinascimentale Antonio da Sangallo il Vecchio. Nel 1828 fu costruito il campanile e nel 1970 tutta la struttura ha subito un notevole intervento di restauro. All’interno, tra le varie opere, si segnala l’affresco dell’altare maggiore di Giuseppe Nicola Nasini con San Biagio vescovo e san Guglielmo in adorazione del Crocifisso.