Museo delle Arti in Ghisa nella Maremma

Museo delle Arti in Ghisa nella Maremma

Il Museo delle arti in ghisa nella Maremma (MAGMA) è un museo situato a Follonica, presso l’area delle ex fonderie Ilva di Follonica.

Storia
Sin dal momento della chiusura dello stabilimento industriale dell’Ilva, avvenuta il 22 febbraio 1960, si sentì il bisogno, tra la popolazione di una città nata e cresciuta con la produzione siderurgica, di realizzare un museo che testimoniasse la fiorente tradizione della città. Inizialmente, un primo museo sulla storia degli operai e l’arte della ghisa venne inaugurato in una sede provvisoria nel 1970, e successivamente, nel 1998, con il restauro dell’antico forno di San Ferdinando, nacque il nuovo Museo del ferro e della ghisa. Il museo fu completamente rinnovato e modernizzato nel 2013 con l’allestimento del MAGMA, il Museo delle arti in ghisa nella Maremma, su progetto degli architetti Barbara Catalani e Marco Del Francia, realizzato da Asteria con la consulenza dello storico Tiziano Arrigoni e di Claudio Casini e Marica Pizzetti. Il MAGMA fu inaugurato il 29 giugno 2013 e aperto al pubblico il 9 luglio dello stesso anno.

Edificio
Il MAGMA è allestito all’interno del forno di San Ferdinando, il più antico edificio dello stabilimento Ilva. Il nucleo originario risale probabilmente al XV secolo e aveva la funzione di mulino; nel 1546 fu allargato con la costruzione di una ferriera, smantellata poi nei primi del XIX secolo con la costruzione di un forno fusorio: un piccolo forno quadro, abbandonato in pochi anni e rinnovato nel 1818 con un moderno forno tondo dedicato a San Ferdinando. Il forno era considerato uno dei più moderni d’Italia, primo in Toscana. Lo stabile fu ampliato per comprendere anche alcuni camerotti per i lavoratori, magazzini, carbonili e botteghe. Rimasto in funzione fino al 1888, venne smantellato negli anni successivi al 1907. Restaurato negli anni novanta del XX secolo, diviene sede museale – l’allora Museo del ferro e della ghisa – dal 1998.

Sale Espositive
Piano primo
Il percorso espositivo inizia al primo piano dello stabile, dedicato all’arte in ferro e in ghisa, la massima produzione specializzata delle fonderie di Follonica. All’ingresso, si incontra il grande spazio dell’altoforno, restaurato e arricchito da una installazione che, situata nel luogo dove un tempo si trovava il forno fusorio con il camino per la fuoriuscita del fumo, tenta di riprodurlo in maniera poetica. Si tratta di una cascata di lamelle metalliche disposte in modo da ricreare le dimensioni originali del forno e composte di diversi materiali per richiamare le varie fasi del caricamento: le lamelle in basso, rosse, richiamano la fase di accensione; quelle metalliche al centro alludono al minerale gettato insieme al carbone all’interno del forno; infine, le lamelle trasparenti poste più in alto stanno a richiamare il fumo, che uscendo dal camino saliva verso il cielo. Le pareti dell’altoforno sono anche protagoniste di uno spettacolo multimediale proiettato a intervalli regolari che vede il visitatore trasportato virtualmente all’interno del processo di fusione: sulle pareti prima si stagliano le immagini delle ombre degli operai al lavoro, poi una colata di ferro rovente pare riempire i muri, che diventano incandescenti, iniziano a creparsi e lasciano spazio al materiale forgiato, monumentali decorazioni in ghisa, per poi concludersi con il mare di Follonica, la città moderna.


Di fianco al forno è stato allestito un “tempio magmatico”: al centro un grosso campione di ematite.

 

La prima sala contiene una vasta raccolta di modelli lignei che servivano ad imprimere la forma nella terra in cui colare il ferro fuso, per dare vita a decorazioni, sculture, ma anche veri e propri monumenti in ferro e ghisa per un raffinato arredo urbano.

All’interno della sala primeggia tuttavia un antico tavolo da lavoro in legno, donato dalla famiglia Franchi Giuggioli, corredato da una ricca collezione di utensili da lavoro originali, utilizzati dal modellista, dal formatore e dal fonditore. Vi sono un goniometro per la misurazione degli angoli; uno scalpello; una sgorbia, attrezzo simile allo scalpello utilizzato per la creazione di superfici curve; c’è lo spaccacentro, utile a trovare il centro del legno; una spatolina, per stuccare le parti scheggiate del modello; una sponderuola per le angolature; sono esposti un insieme di attrezzi per affilare o piegare i denti delle seghe; una punta elicoidale, per una foratura precisa del legno; un mazzolo per battere gli scalpelli; i punzoni; il morsetto per fermare il legno; la cota per affilare gli utensili; le croci, per le rifiniture formali; un set di golfali a vite, per estrarre i modelli di misure più ridotte dalla forma; ci sono le truelle, le esse e gli spattrugli per lisciare e rifinire le staffe; i cucchiai; i lumi, per rifinire gli angoli della forma; c’è lo spillo, per aerare il getto durante la fusione; infine le squadrette e le spazzole. Un proiettore, inoltre, fa rivivere quell’arte con una proiezione sul tavolo da lavoro: le mani di Giuliano Zacchini, vero modellista ai tempi delle fonderie.

La seconda sala permette al visitatore di continuare il percorso attraverso l’arte del ferro, con particolari decorativi come modelli in legno di motivi per fontane, teste di animali (gatto egizio, bue, leoni, arieti), tre mensole per parapetti da balcone in ghisa e in legno, due roste per porte in legno e un pannello traforato in ghisa. Interessante il grande modello di testa d’ariete, decorazione oggi dispersa per il cancello della fattoria medicea di Tavola, presso Prato. La particolarità e la raffinatezza di tali ornamenti fu tale che si sentì il bisogno di stilare un catalogo contenente tutte gli arredi prodotti dalle fonderie: nacque quindi il Catalogo dei Getti, stampato dalla tipografia Corradino Mori di Follonica nel 1913. Un pannello interattivo permette al visitatore di sfogliare l’intero catalogo.

La terza sala è divisa in due sezioni, entrambe dedicate alle due principali opere artistiche in ghisa di Follonica, che hanno in qualche modo inaugurato la grande tradizione decorativa dello stabilimento, e di conseguenza ai due progettisti che le hanno ideate: sono la chiesa di San Leopoldo e il Cancello Magonale, progettati entrambi dagli architetti Alessandro Manetti e Carlo Reishammer.
La prima sezione espone alcuni modelli in legno di decorazioni della chiesa di San Leopoldo. Vi sono alcuni stemmi e trofei con simboli ecclesiastici; ornati con motivi vegetali; un’edicola di altare.
La seconda sezione, che illustra la storia del monumentale cancello in ghisa dello stabilimento, espone i modelli di quegli ornamenti come le grandi cornucopie e le torce fiammeggianti. L’arte del ferro fece conoscere le industrie di Follonica nel resto d’Italia ed iniziarono le prime commissioni per arredi urbani.

Prima della fine della visita al primo piano, una stanza permette di vedere la ricostruzione della grande ruota idraulica che azionava la macchina soffiante che pompava l’aria nel forno di San Ferdinando. Costruita nel 1818 nella falegnameria di Sebastiano Gelli, la ruota veniva fatta muovere dall’acqua proveniente dal bottaccio, serbatoio in muratura che raccoglieva le acque provenienti dalle Colline metallifere di Massa Marittima attraverso il canale artificiale della Gora delle Ferriere.

Piano secondo
Il secondo piano dell’edificio è interamente dedicato ad illustrare la storia di quella tradizione metallurgica che ha reso Follonica una delle principali realtà industriali d’Italia nel XIX secolo. Le cinque sale di cui questa sezione è composta permettono un approfondimento storico che va dal periodo degli Etruschi fino alla Follonica contemporanea. Oltre alle sale espositive vi si trovano la cosiddetta sala dei fantasmi, dove vengono proiettati filmati d’archivio della Follonica di ogni tempo, recuperati da telegiornali, istituti culturali, RAI, associazioni e privati; una saletta video per la proiezione di filmati divulgativi; e infine laboratori didattici per dare la concreta possibilità a gruppi scolastici di studiare ed applicarsi nell’intaglio del legno, nella modellizzazione e nella fusione, realizzata in stagno.


Piano seminterrato

La visita si conclude al piano seminterrato con una lunga passerella che conduce verso il centro del forno di San Ferdinando, dove il restauro ha riportato alla luce spazi andati perduti come il vecchio carbonile e la bocca del forno. A livello uditivo la visita è arricchita da suoni e rumori del lavoro nelle fonderie, a livello visivo invece sono proiettati alle pareti filmati di lavorazione di una moderna fonderia. Il visitatore può inoltre vedere nuovamente, stavolta dal basso, dalla parte del bottaccio, la grande ruota idraulica con la macchina soffiante.

Due installazioni interattive concludono la visita. La prima è il cosiddetto gioco della fusione: il visitatore seleziona la giusta quantità di minerali ferrosi, carbone e miscela di additivi, sommandola poi al giusto volume d’aria calda da soffiare, e una volta fatto partire il forno una voce dirà se la fusione è riuscita nel modo giusto oppure no. La seconda invece permette di selezionare su uno schermo uno dei lavoratori dell’ultima generazione, prima che nel febbraio 1960 la fonderia venisse chiusa.