Roccalbegna è un comune italiano di 922 abitanti della provincia di Grosseto in Toscana.
Situato a circa 43 km dal capoluogo, il centro sorge nell’alta valle del fiume Albegna, ai piedi di due ripide rupi, una più alta dell’altra, su ognuna delle quali sorge una fortificazione, la Rocca aldobrandesca e il Cassero Senese.
Il territorio comunale si estende nella parte più interna e settentrionale delle Colline dell’Albegna e del Fiora, ed è solcato dal medio corso del fiume Albegna. Confina a nord con il comune di Arcidosso, a est con il comune di Santa Fiora, a sud-est con il comune di Semproniano, a sud-ovest con il comune di Scansano e a nord-ovest con il comune di Campagnatico.
L’altitudine varia tra le più diffuse quote collinari e quelle montuose che iniziano a registrarsi nella parte settentrionale ed orientale del territorio, in prossimità delle prime pendici del massiccio montuoso del monte Amiata. Mentre la frazione di Cana si eleva a 480 metri s.l.m., il centro di Roccalbegna è a 522 metri s.l.m. (quote simili si registrano anche a Santa Caterina e a Vallerona), mentre la località di Triana è situata alla quota di 769 metri s.l.m. che corrisponde alla stessa altitudine della vetta del monte Faete che si eleva all’estremità sud-occidentale del territorio comunale.
Luoghi d’interesse del borgo:
Le mura di Roccalbegna costituiscono il sistema difensivo del nucleo storico del borgo di Roccalbegna.
La cinta muraria fu costruita nel corso del XIII secolo prima dai conti Aldobrandeschi e successivamente dalla Repubblica di Siena, che intervallò il perimetro con torri di avvistamento. Nel corso del 1445 furono intrapresi alcuni lavori di ristrutturazione, da ricordare quelli del 1468 ad opera dell’architetto Giuliano di Bartolo. In età contemporanea è stata demolita una parte delle mura con la porta di Montagna, che volgeva a nord.
Delle antiche porte rimane oggi solamente la porta di Maremma, rivolta a sud, e che dà all’esterno sulla piazzetta della chiesa della Madonna del Soccorso. La porta a nord, porta di Montagna, oggi non esiste più, ed è la continuazione di via Garibaldi che si apre sulla piazza fuori dal perimetro, per la cui costruzione è stata demolita una piccola parte delle mura. Delle torri senesi ne rimangono tre, di cui una riabbassata e notevolmente rimaneggiata.
La rocca aldobrandesca, chiamata anche il Sasso, è un castello in rovina, si trova sulla vetta della rupe più elevata che domina l’abitato sottostante. Rimango imponenti ruderi e le strutture murarie sono completamente rivestite in pietra, con alcune feritoie che si aprono ad altezze diverse. Esse si articolano a forma irregolare, adattandosi alla particolare orografia della vetta della rupe; la fortificazione, oramai priva di copertura sommitale, doveva svilupparsi almeno su due livelli.
Essa fu costruita in epoca medievale; gli Aldobrandeschi utilizzarono questa fortificazione con funzioni difensive e di avvistamento; la sua particolare posizione, rendeva la fortificazione praticamente inespugnabile ed era stata studiata anche come rifugio per la popolazione in caso di assedio condotto da truppe nemiche. Durante il Duecento, la rocca costituiva il fulcro del sistema difensivo assieme al Cassero ubicato sulla vetta dell’altra rupe.
La Rocca negli anni fu abbandonata e solo nel 1624 diventò palazzo cittadino per i Bichi; da allora, la rocca è stata completamente abbandonata, giungendo fino ad oggi sotto forma di imponenti ruderi che ricordano la sua passata grandiosità.
Il Castello di Trina, presente fin dal 760, ma la sua esistenza è attestata solo dalla divisione dei beni degli Aldobrandeschi del 1216, quando fu assegnato al ramo di Santa Fiora. Nel 1388 la Triana fu acquistata dalla famiglia senese dei Piccolomini che lo fecero divenire sede di una signoria rurale nel corso del Cinquecento.
I Piccolomini rimasero proprietari del castello e dei terreni circostanti fino al 1962, quando il castello, notevolmente trasformato e con scarsi resti delle forme originarie, è stato lasciato alla Società di esecutori di pie disposizioni di Siena. L’antico castello medievale è racchiuso all’interno di una cinta muraria con un’unica porta d’accesso: il complesso comprende anche un torrione che costituiva la residenza signorile e due fabbricati disposti intorno ad un cortile.
Tradizioni e folclore
L’antico rito del fuoco, la Focarazza, si tiene a Santa Caterina la sera del 24 novembre, cioè la vigilia del “compleanno” di santa Caterina d’Alessandria, il parroco del piccolo centro s’inerpica in processione sul poggio che lo sovrasta e benedice una normale catasta di fascine e legna in mezzo alla quale è conficcato un lungo palo di cerro, il cosiddetto “stollo”.
Al termine della cerimonia religiosa si appicca il fuoco alla catasta e si lascia che le fiamme si alzino al cielo, ad illuminare una campagna ormai avvolta nell’oscurità della sera. Quando il fuoco diminuisce d’intensità entrano in azione gli uomini di Santa Caterina, divisi in gruppi a seconda della contrada d’appartenenza. Ogni partecipante s’impegna, in una sorta di ancestrale rito purificatore, a sfidare il calore e il fumo per tentare di impadronirsi dello “stollo” e portarlo nel proprio rione.
Successivamente il tronco viene tagliato in tanti pezzi quanti sono stati i partecipanti, così ognuno può portare a casa una porzione di dell’oggetto. In seguito ogni pezzo verrà messo a bruciare nel caminetto di casa e quando le fiamme lo avranno del tutto consumato si prenderanno le ceneri che poi saranno disperse nei campi e negli orti quale auspicio per una fertile stagione agricola.